di Salvo Barbagallo
E’ scattata “ufficialmente” ieri a Trapani l’Ora X per l’esercitazione aeronavale terrestre “Trident Juncture, ma le manovre militari nello scacchiere predisposto sono iniziate già da una quindicina di giorni. La “Trident Juncture”, viene definita “un evento addestrativo multinazionale della Nato che costituisce un momento di coesione fondamentale e irrinunciabile per mantenere e incrementare l’interoperabilità tra i 28 paesi dell’Alleanza e con altri cinque Paesi che non fanno parte dell’Alleanza”. Si svolge in due fasi, la prima (che è iniziata il 3 ottobre e si è conclusa il 16 scorso) in modalità di simulazione “Computer Assistita” e la seconda fase “dal vivo”, dal 21 ottobre al 6 novembre 2015, che si svolgerà contemporaneamente in Spagna, Portogallo e Italia. Una ventina circa le basi e le infrastrutture europee investite dai war games NATO: tre in Portogallo (Santa Margarida, Beja e Pinheiro da Cruz); i quartier generali alleati di Mons (Belgio) e Brunssum; Stoccarda (Germania); Stavanger (Norvegia) e ben nove in Spagna (oltre Zaragoza e Rota, Albacete, Chinchilla, San Gregorio, Sierra del Retìn, Son San Joan, Sotomayor e Torrejon). Decisivo il ruolo di alcune tra le maggiori installazioni militari italiane. Lo scopo dichiarato dell’esercitazione è quello di “verificare ed addestrare la Forza di risposta della Nato (Nrf-Nato Responce Force), cioè la Forza multinazionale di risposta immediata e tecnologicamente avanzata composta da forze aeree, terrestri e navali”. Lo scenario ipotizzato dalla “Trident Juncture” è l’invasione del piccolo Stato della Cerasia dell’Est da parte del vicino Stato di Kamon che vuole impadronirsi delle sue risorse idriche, un conflitto che potrebbe trasformarsi in una guerra mondiale. Le forze della Nato intervengono con una “missione lampo” per ristabilire gli equilibri geopolitici della regione.
Il coordinamento generale delle esercitazioni ha sede nella base Nato di Napoli, mentre a Trapani è collocato il Centro di comando delle operazioni aeree, dalla Spagna verranno coordinate le operazioni di terra, e dal Portogallo le manovre navali. Il punto focale dell’esercitazione è, dunque, l’aeroporto di Trapani, da cui si dipartiranno tutte le operazioni e dove ieri si è tenuta la cerimonia di apertura alla presenza, fra gli altri, del vice Segretario Generale della NATO, dell’ambasciatore Alexander Vershbow, del Comandante Supremo Alleato della Trasformazione (ACT), Generale Denis Mercier, del Capo di Stato Maggiore della Difesa, Generale Claudio Graziano e del comandante del Comando alleato interforze di Brunssum (JFC B), Generale Hans-Lothar Domrose.
La “Trident Juncture 2015” (TJ15), definita dallo U.S. Army Europe “la più grande esercitazione Nato dalla caduta del Muro di Berlino”, mette in campo 36 mila uomini, oltre 60 navi e 200 aerei da guerra di 33 Paesi: questa esercitazione è stata programmata per “testare” la forza di rapido intervento – la Nato Response Force (NRF) con circa 40 mila effettivi – e soprattutto il suo corpo d’élite composto da cinque mila effettivi, la Very High Readiness Joint Task Force (VJTF), enfaticamente soprannominata “Spearhead” (punta di lancia), in grado di essere schierata in meno di 48 ore per rispondere “alle sfide alla sicurezza sui nostri fianchi meridionale e orientale”. In poche parole, pronta ad intervenire rapidamente, portando la “guerra preventiva” ovunque si ritengono minacciati gli interessi occidentali estendendo, quindi, l’azione della Nato ad ogni angolo del mondo. Partecipano all’esercitazione, oltre ad alcune tra le maggiori organizzazioni internazionali e governative, anche varie associazioni cosiddette umanitarie e diverse ONG, a dimostrazione della funzione collaterale alle politiche interventiste delle grandi potenze che molte di esse svolgono. Soprattutto vi partecipano le industrie militari di 15 Paesi anch’esse pronte a fornire le nuove armi di cui la Nato avrà bisogno.
Sino al 6 novembre 80 velivoli e circa 5.000 militari di varie nazionalità (500 i militari italiani) 30 aerei tra caccia F16 greci, polacchi e canadesi, Amx, Eurofighter, Tornado italiani e un C130 da ricognizione canadese, saranno attivi nello scalo trapanese. Oltre a Trapani, gli assetti aerei NATO sono stati schierati a Pisa e nello stesso scalo di Decimomannu e, come riportato da un recente comunicato del Comando generale dell’Alleanza “in diverse altre installazioni italiane”. Determinante per il coordinamento di una parte delle esercitazioni il Joint Force Command di Napoli, il Comando congiunto delle forze alleate per il sud Europa trasferito a fine 2012 nel nuovo quartier generale di Lago Patria, mentre diverse esercitazioni di sbarco e tiro a fuoco sono previste nel grande poligono sardo di Capo Teulada. La direzione e il controllo delle attività dei cacciabombardieri NATO è stata affidata invece alla base dell’Aeronautica di Poggio Renatico (Ravenna), installazione che negli ultimi anni ha assunto un ruolo chiave nella gestione delle operazioni aeree e di controllo radar dell’Alleanza atlantica. Proprio a Poggio Renatico, a inizio estate, sono stati attivati il primo sito ACCS (Air Command and Control System) che fornisce alla NATO un sistema di comando e controllo unificato per la pianificazione e l’esecuzione di tutte le operazioni aeree e l’EPRC (European Personnel Recovery Center), un polo per il rifornimento in volo, gli interventi delle forze speciali, la difesa aerea e la ricerca e il soccorso nelle aree di combattimento del personale militare e civile, cofinanziato da Italia, Belgio, Francia, Germania, Spagna, Paesi Bassi e Regno Unito.
A Trapani comprensibili le preoccupazioni per questa esercitazione da parte della collettività e anche per la regolare attività dello scalo civile: si ricorda, infatti, quanto accaduto nel 2011 con le operazioni militari contro la Libia che comportarono la chiusura per un lungo periodo dell’aeroporto, con pesanti danni per l’economia locale. Ora, anche a seguito delle notizie che pervengono dalla Libia e dal Medio Oriente, in molti hanno chiesto che relazione possa esserci tra l’esercitazione “Trident Juncture” Nato e l’ipotizzato intervento dell’Alleanza in Medio Oriente. Il comando del 37° Stormo ha tenuto a precisare che “Allo scopo di non penalizzare l’attività dello scalo civile “Vincenzo Florio” l’Aeronautica Militare, in collaborazione con l’ENAC, le autorità locali e la Prefettura, ha da mesi avviato gli accordi per definire la soluzione più efficace e predisposto le misure di coordinamento tra le unità militari e la società Airgest, che gestisce lo scalo civile, al fine di conciliare le esigenze addestrative con quelle commerciali. Tra le soluzioni adottate è stata prevista, per la prima volta, la figura di un coordinatore dall’Airgest che si interfaccerà con la parte militare per minimizzare l’impatto sul traffico civile. Tutta l’attività di volo si svolgerà sul mare al largo delle coste siciliane e senza l’impiego di alcun tipo di armamento o munizionamento”.
Nonostante le rassicurazioni, le preoccupazioni restano e si moltiplicano le iniziative di protesta in vista di un raduno regionale che si terrà il prossimo 31 ottobre a Marsala. Un movimento di protesta che coinvolge tutta la Sicilia, che unisce Trapani a Niscemi. Unica voce politica che si è alzata (almeno sino ad ora) per dire no alla Nato, alla guerra e alle esercitazioni militari è quella di Vincenzo Maurizio Santangelo, senatore del Movimento 5 Stelle.